martedì 6 novembre 2012

Io vi dico riso. Voi cosa rispondete?

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(in foto: riso superfino Baldo)

La grafica avrà tempo per farsi bella. Poi, notoriamente, di grafica me ne intendo davvero poco. Il problema è che se non ci si lancia nell’impresa, se si trovano mille scogli, la si abbandona ancora prima di iniziare. Io quest’intenzione non ce l’avevo proprio ed eccomi qui già in medias res a parlare del cuore del problema: il riso.

Già: quale riso? Tralasciando i pochi siti specializzati, sui blog o sui magazine (virtuali ma anche cartacei) compare spesso, troppo spesso! la vaga (ma non in senso petrarchesco) dicitura “riso per risotti”. Una sorta di “me ne lavo le mani, scegli quello che più ti piace e non chiederlo a me, non darmi la colpa di un suggerimento inadeguato”. O peggio ancora, “non lo so ma è meglio che non lo faccia capire, quindi tu non chiedermelo e io me ne guardo bene dal dirtelo”. Per contrasto la corsa frenetica alla ricerca dell’ingrediente complementare che stupisca. E non parlo di abbinamenti azzardati (avremo modo di riderci su a tempo debito Mi rotolo per terra dalle risate) ma proprio di grande attenzione a ciò che nel risotto, se vogliamo, è un accessorio, a discapito dell’elemento fondamentale.

Così troviamo risottologhe e risottologi che ti declinano il risotto nei mille radicchi possibili ed immaginabili ma non hanno mai considerato che il riso non è di una varietà sola.

So già cosa starete pensando: e allora, diccelo tu quale riso si adatta al risotto. Sei lì apposta!

Certamente, sono qui apposta. Però è bene che vi avverta: i risi “risottabili” sono tanti! Ce ne potrebbero essere tanti quanti sono i risotti.

Cominciamo quindi a dare un’occhiata al riso dal punto di vista delle sue classificazioni merceologiche. Se andate a questa pagina

http://www.pvexp.it/RER/diriso.asp

che è fatta veramente bene, troverete la classica quadripartizione dei risi italiani in tondi, fini, semifini e superfini. Opinione comune è che siano adatte al risotto solo le due ultime categorie, dai chicchi notoriamente amidacei, mentre i tondi e i fini sono scartati a piè pari. E se vi dicessi invece che i risotti realizzati con i chicchi piccoli sono altrettanto gradevoli quanto quelli fatti con un Carnaroli? Certo, è questione di gusti. O di mode. A me in particolare quella del Carnaroli sembra una vera e propria moda scesa dal cielo a miracol mostrare, così come fu quella del Maratelli negli anni Settanta (riso che peraltro amo moltissimo). Nel corso delle nostre pagine non mancherò mai di segnalarvi riso e produttore, e vi dimostrerò che quello sul risotto è un libro ancora tutto da scrivere, o almeno in gran parte.

Cinquanta sfumature di risotto: perché?



Ebbene sì: da oggi nasce un blog interamente dedicato al mondo del risotto: il titolo è chiaramente una provocazione per attirare più lettori possibili (^^). Ovvio che di sfumature nel risotto ce ne stanno infinite, altro che cinquanta... Non se ne sentiva la mancanza, starete pensando. Ma veramente? Siete proprio sicuri di sapere tutto, ma proprio tutto intorno a questa vera e propria istituzione gastronomica? No, perché a mio avviso c’è tanta confusione, o peggio disinformazione in giro!
Ma procediamo per gradi. In casa, ma anche, modestamente, sul web (scrivo da una decina di anni come “gastrosofa”) sono nota come “quella dei risotti”. Si vocifera persino che nel rubinetto della cucina io abbia tre posizioni nel miscelatore: acqua fredda, acqua calda e risotto, né a me fa piacere smentire… Il risotto, lo ammetto, è uno di quei piatti che a casa mia riscuote più successo.
Lo propino spesso, almeno tre sere a settimana, e naturalmente nei giorni di festa. Il risotto è il piatto della festa, dalle mie parti: lo si fa anche a Natale e a Santo Stefano, a Capodanno, a Pasqua e a Ferragosto. Ovviamente declinato a seconda delle stagioni: e se qualcuno pensa che l’autunno sia l’unica stagione ammissibile per il risotto, sta prendendo un granchio colossale.
Il risotto è il piatto versatile per eccellenza, che può essere iperbolico o semplice, lavorato o delicato, ma sempre potenzialmente adattabile alle esigenze più disparate. La mia nonna materna era milanese. Bergamasca di origine, e ristoratrice. Nella Milano dell’immediato dopoguerra prese in mano una mensa importante, quella dei tramvieri, e durante le riunioni di famiglia si rievocano spesso le sue grandissime risottate. Io, sia chiaro, non ho da gestire un impegno così importante, ma nel mio piccolo sono madre di famiglia numerosa, ragion per cui posso dire di avere ereditato il suo spirito, anche se in scala un po’ più ridotta. ^^.
Insomma, il risotto ce l’ho nel sangue. O meglio, nelle vene mi scorre il brodo. Quindi ho deciso che metterò a disposizione la mia risottosofia per portare un po’ d’ordine in questo brulicare di informazioni senza capo che ribolle sul web come in un calderone (di risotto) senza timoniere. Pronti, dunque, a leggerne ogni giorno di tutti i colori e di tutti i risi, i brodi, i soffritti le mantecature? Partenza… via! ^^